# 1 – Stefalena / Sussidiario post-barbarico per la nuova giovinezza

La poesia è morta: volete smettere di tenerle veglia?
Mandatemi le foto delle vostre università, oppure di quale che sia il luogo del disagio della vostra post-barbarica giovinezza. Potete anche inviarmi del testo, degli stralci di taccuino, oppure l’ultima nota che avete preso sul cellulare: insomma, spazziamo via la poesia da questo pianeta.

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#InterSviste: il poeta da supermercato Giulio Zambon

C’è tutto un fervore poetico vasto ed eterogeneo su Instagram. E quando siamo lì a scrollare, e capitiamo in uno di questi profili, il nostro primo pensiero è “Eccone n’altro”. Perché diciamocelo: ne sono tanti; troppi. Non possono esistere così tanti poeti. Eppure, questo è un pregiudizio, a mio avviso. Come pure questa mia stessa affermazione “è un pregiudizio”, potrebbe essere un mio pregiudizio; dettato magari da questa mia instancabile e irreparabile necessità di romanticismo (nel senso comune, non accademico, del termine), che mi porta a scorgere sentimenti rinascimentali in ogni Fesseria-con-Velleità-Artistica in cui mi imbatto. Poesie su Instagram comprese. A me i pregiudizi stanno stretti. E so che i pregiudizi si superano ponendo/ponendosi domande.
La ginestra nasce sulla pietra lavica: non è che magari è capace a nascere pure sul silicio dei transistor di cui sono fatti i nostri smartphone e i PC??
#InterSviste vuole essere un ciclo di interviste a questi benedetti poeti. Quattro chiacchiere seriamente a caso, per capire chi sono, e dove diamine ci troviamo.

Oggi chiacchieriamo con Giulio Zambon, il “poeta da supermercato”. Continua a leggere

Poesia e web reputation: storia di un pentimento d’editore

Anders Carlson-Wee (in foto) è un giovane poeta. The Nation – la più antica rivista statunitense ancora in corso di pubblicazione (fondata nel 1865) – ha ospitato sul suo sito web, il 5 luglio, una poesia inedita di Carlson-Wee, dal titolo “How-To”. Successivamente alla pubblicazione, la poesia è stata aspramente criticata per i suoi contenuti, e per la scelta dell’autore di affrontare il tema nella lingua chiamata African-American Vernacular English (spesso abbreviato in AAVE), ossia la lingua vernacolare degli africani americani, che a volte viene utilizzata, con intenti letterari, anche da scrittori bianchi, come è appunto nel caso di Carlson-Wee in “How-To”.

If you got hiv, say aids. If you a girl,
say you’re pregnant––nobody gonna lower
themselves to listen for the kick.[…]

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Sarà forse ingenua la mente

Sarà forse ingenua la mente
di chi condivide la poesia sui social;
ma povero si fa il cuore
di chi non si ferma a leggerla.
E se il primo è ingenuo,
il secondo è solamente innocuo,
e noi abbiamo bisogno di tutt’altro
che di cuori innocui.
Noi abbiamo bisogno di cuori
offensivi, esiziali, letali,
per sollevarci dalla barbarie
che ogni giorno minaccia
cuore e mente.